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VECCHIE ROMANZE SPAGNUOLE
Lá, educando i figli vostri
me’ di quella che verrá,
come ognor ve l’ho serbata,
serberovvi castitá.
— D’uopo è a voi morir, contessa,
pria che spunti il di che vien.
— Ch’io son sola in questa vita,
conte Alarco, avviso io ben;
da che vecchio è il padre mio,
da che madre non ho piú,
e il buon conte don Garzia,
mio fratello, ucciso fu.
Mandò il re che ’l si uccidesse,
quando n’ebbe a impaurir.
Non mi duol la morte mia,
ché io comunque avea a morir;
ma mi duol che i figli miei
la compagna perderanno !
Me li fate venir, conte;
e il commiato mio vedranno.
— No, contessa, in di di vita
non gli avete piú a veder.
Qui abbracciate quel piccino:
quel vi perde si davver!
Di voi pesami, o contessa,
quanto mai pesar mi sa.
Né, o signora, io so giovarvi:
piú che vita me ne va.
Commendatevi su a Dio,
perché scampo qui non può.
— Oh! buon conte, un’orazione
dir lasciatemi ch’io so.
— Presto ditela, o contessa,
pria che spunti il di che vien.
— L’avrò presto detta, o conte;
piú di un’Afz.’^ non mi tien.