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l’infante vendicatore
Sette volte ste’ a pensare
se dovea tirargli o no;
ed in capo dell’ottava
lo spiedone gli scagliò.
Ei volea ferir don Quadro,
e feri Pimperator:
passò il manto, passò il saio,
ch’era un cangio in seta e in òr;
e fé’ giú nel mattonato
piú d’un palmo il ferro entrar.
Li parlò l’imperatore:
sentirete il suo parlar.
— Perché, infante, mi tirasti?
Traditori tirare a me!
— La Tua Altezza mi perdoni,
ch’io tirar non volli a te;
ma a quel falso di don Quadro,
a codesto sciagurato.
Io m’avea sette fratelli,
e non un me n’ha lasciato!
Io però qui in faccia tua,
qui, buon re, gli fo disfida. —
Tutti affidan li don Quadro,
e l’infante niun l’affida,
se non fosse una fanciulla,
del buon re la buona figlia.
Qual patrino a porlo in campo
per la mano ella sei piglia.
Giú don Quadro, giú per terra
stramazzò alla prima pesta.
E P infante giú d’arcioni
salta, e tagliagli la testa.
Sulla punta del lanciotto
al buon re la presentò.
Quando il re l’èbbe veduta,
a sua figlia lo sposò.