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l’infanta clarina e il suo amante
e altrettanti ancor glien date
ch’ei compiaccia a’ suoi desir,
ch’ei si possa da galante
con le dame sbizzarrir.
— Gran mercé, signor, vi rendo
di cotanto benvoler.
E l’infanta, la Clarina,
me la date per moglier?
— Tardi arrivi, o mio buon conte:
giá impalmata a un altro eli’ è.
— Piaccia o no, me la darete
voi, signore, imperocché
da sei mesi, e piú fors’anco,
di me gravida eli’ è giá. —
Pien di duol l’imperatore
volse briglia e andò in cittá.
Fe’ chiamar le levatrici,
fe’ vedere a lor la figlia.
L’ han veduta; e la mammana
a risponder cosi piglia:
— Si, eli’ è gravida l’infanta
di sei mesi e forse piú. —
Dispettato ne fu il padre,
dispettato assai ne fu.
Mandò prender la figliuola,
e all’oscuro, in una torre,
giú nell’acqua infino al cinto,
giú nell’acqua la fe’ porre;
perché li le belle carni
le venendo a corruttura,
péra il seme d’un tal padre,
vada a mal la creatura.
Li di corte i cavalieri
la venivano a veder.
— Ah, signora, a noi ne spiace
quanto possa mai spiacer;