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E via dentro, e fan domande.
Non inchieggon giá d’ostiere,
né tampoco, no, d’ospizio:
de’ palazzi e’ von sapere.
Von saper della contessa,
del palazzo in cui dimora.
L’han trovato, l’han veduta:
a parlare vanno allora.
— Oh vi salvi Iddio, contessa!
— Oh, romei, ben giunti qua !
— Deh ! limosina ci fate
per onor di caritá.
— Ah ! con Dio n’andate in pace !
non vi posso nulla dar,
ché romei non vuole il conte,
né ch’io gli abbia ad albergar.
— Deh, limosina, o signora,
fate! e il conte noi saprá:
cosi faccianla a Gaifero
nella terra ov’egli sta! —
Come udi nomar Gaifero,
ella trasse un gran sospir:
fe’ del vino li a’ romei,
fe’ del pane stribuir.
Sovra loro in quel frangente,
ecco, il conte capitò.
— O contessa, che è mai questo?
questo mai com’esser può?
Non v’imposi che romei
non aveste ad albergar? —
E su lei levato il pugno
un fier colpo andolle a dar;
donde feale al pavimento
gittar fuora i denti bei.
Allor mossi a voler dire,
cosi dissero i romei: