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GAIFERO E SUA MADRE
ché a Galvan possiam recarlo,
ci bisogna trarle il cuor;
e al zitei mozziamo il dito.
Questo segno fia il miglior. —
Giá a voler mozzargli il dito,
van Gaifero ad abbrancar.
— Su ! Gaifero, qua venite;
state zitto ad ascoltar.
Ite via di questa terra,
né vi fate piú veder. —
E per segni dangli indizio
del cammin che dee tener.
— Ite via, di terra in terra,
al zio vostro ov’egli sta. —
E Gaifer, disconsolato,
per lo mondo se ne va.
Ver’ Galvan, dov’egli aspetta,
gli scudieri il passo han torto.
Dangli il dito, dangli il cuore;
e gli dicon che l’han morto.
La contessa a metter lai
cominciò per tal novella.
Pianse, pianse, fuor per gli occhi
da scoppiarne, poverella!
Lasciam star quella meschina,
quel suo pianger si dirotto;
e diremo di Gaifero,
della strada ov’è ridotto.
Ei va il giorno, ei va la notte,
mena passi e sempre va;
fin che arriva da suo zio,
alla terra ov’egli sta.
— O mio zio — pigliava a dirgli,
Dio vi voglia mantener!
— Ben venuto il mio nipote !
ben venuto, si davver!