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VECCHIE ROMANZE SPAGNUOLE
— E che è mai, signora mia?
chi v’ha messo in tanto angor?
— Ho sognato, o damigelle,
un gran sogno di terror.
Ch’io vedeami a una montagna,
in un sito assai solingo;
ch’io volar giú da quei monti
un astor vedea ramingo;
e a lui dietro un’aquilotta
incalzarlo fella fella.
L’astor fugge, e in grande angoscia
mi vien sotto la gonnella.
L’aquilotta con grand’ ira
quindi vennelo a strappar;
e spiumaval con gli artigli,
disfacealo col beccar. —
Parlò allor la cameriera:
quel che disse state a udir.
— Questo sogno, mia signora,
io vel posso ben chiarir.
E l’astor lo sposo vostro,
quel che viene d’oltre mar;
e voi l’aquila, voi siete,
con la qual si dee casar.
La montagna eli’ è la chiesa
dove vi hanno a benedir.
— Se è cosi, mia cameriera,
ti vo’ ben retribuir. —
Il di appresso, alla mattina
giungon lettere per lor:
scritte in negro eran di dentro,
scritte in sangue eran di fuor.
Eran lettere a donn’Alda;
e venian significando
che alla rotta in Roncisvalle
era morto il suo Rolando.