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VECCHIE ROMANZE SPAGNUOLE
— Perocché saper io voglio
chi gli ha dato tanto ardir.
Se un mister non ci covava,
quel ch’ei fe’ noi potea ordir. —
Al re, quando interrogollo,
il ver disse Montesino:
— La Tua Altezza sappia ch’io
son carnai suo nipotino.
Son figliuol della tua figlia
che sbandita hai di qui fuor
col buon conte don Grimaldo
tuo leale servitor,
Tuoni cui giá per false accuse
maltrattavi tanto tu.
Ma può adesso la Tua Altezza
chiarir meglio quel che fu.
Se quel falso di Tomilla
parlò il vero, or apparisca;
e s’ io merto esser punito,
il buon re qui mi punisca.
Ma altresí, s’io non ho colpa,
re, mi sciogli, e fa tornar
figlia e genero, e le terre
rendi loro a governar. —
Il re, udite le parole,
ascoltar non vuol piú in lá:
sebben paiagli nipote,
vuol saper la veritá.
E si seppe che Tomilla
avea ordita la perfidia,
perché, in prospera fortuna
visto il conte, n’ebbe invidia.
Tosto il re, saputo il vero,
a cercar del conte invia.
Gente a piè, gente a cavallo
van per fargli compagnia;