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IL CONTE GRIMALDO E MONTESINO
Al fin drizzanlo a palazzo
per veder se l’uom vaneggia.
E a palazzo ei va di filo
su alla sala della reggia.
Solo a sol con don Tomilla
trovò il re seduto a mensa.
Nella sala è gente assai,
e all’entrato nessun pensa.
Van dipoi, finito il pasto,
a giocare a uno scacchiere
solo il re col sol Tomilla;
né altro fiata cavaliere,
se non era Montesino
che a guardare stava lá.
Quando il falso don Tomilla,
sempre senza veritá,
menò a frode e falsò il giuoco.
Di che piú non si tenia,
e li il nobil Montesino
pubblicò la giunteria.
Don Tomilla che l’ha udito,
con grand’ ira e man levata,
furiando corse all’atto
d’applicargli una guanciata.
Montesin la svia col braccio,
stende l’altro al tavolier:
pesta il capo a don Tomilla,
tal che morto il fa cader.
Mori il rio, mori dannato*
né gli valse esser fellon.
Nella sala, in iscompiglio
ecco i grandi quanti son.
Per uccider Montesino
va la frotta, e giá lo assale;
ma in buon tempo il re comanda
che nessun gli faccia male.