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Che ad ogni modo il lettore possa dalla presente versione ricavare un’idea di quello che sieno proprio le romanze spagnuole, ardirei di crederlo, tanto sono certo di non avervi nulla aggiunto del mio; se pure per aggiunta non vuoisi pigliare l’ inconcludente sostituzione del nostro ottonario accentuato all’ ugual verso spagnuolo, ma senza accenti, e quella delle rime variate, in luogo della monorima in «ia» e della invariata, monotona e smorta assonanza. Ed anche nell’usare delle rime mi sono studiato d’imitare la trascuratezza popolare col non essere schizzinoso nella scelta e collo ammetterle quali venivano da sé, ora piane ora tronche. Alle esigenze de’ grammatici e de’ cruscanti ho cercato ne’ versi di piegarmi piú che altra volta mai con ischietta docilitá, e fino ai limiti estremi d’una certa ragionevolezza: piú in lá non me ne reggeva la coscienza. E questo voglio aver detto, affinché riesca confessato che se a chius’ occhi sono incorso in errori de’ quali amerò davvero d’essere corretto, anche alcuni n’ho commessi tanto piú degni del severo gastigo de’ maestri, in quanto che commessi ad occhi aperti, con deliberata, caparbia volizione; e ciò non per altro che per correr dietro a qualche idiotismo, a qualche espressione che mi tentava come piú evidente e piú conforme alla natura dello stile che dovevano assumere i versi. Ora, per tornare lá d’onde mossero da principio queste poche parole, dirò al lettore: sappi che a voler godere di queste tenui poesie, bisogna che tu ti rifaccia, per cosi dire, pusillo, che tu dismetta le reminiscenze sapienti e lasci andare il tuo cuore alle impressioni, senza darti ad analizzarle piú che tanto. Com’io gli ho canticchiati, scrivendoli, questi versi; e tu pure, leggendoli, applica loro una qualche cantilena, che te ne rinforzi l’effetto sull’animo e supplisca alla cantilena straniera; dacché il sussidio di una tal quale melodia, come di recitativo, è condizione indispensabile per qualsivoglia poesia popolare. E prima d’ogni altra leggi la romanza che sta in capo a tutte, Il canto del marinaro. Se non l’hai gustata quella romanza, se non n’hai capito il senso recondito, non andar piú oltre, non seguitarmi di piú: tu ti annoieresti, ed io ne rimarrei dolente. Bonn al Reno, febbraio 1837.