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dipendere. Da questo derivò naturalmente il maggiore interessamento a documenti che riproducevano l’azione di un diplomatico pontificio in un paese, la Francia, d’importanza politica somma, e in un tempo in cui la divisione ed i contrasti religiosi si fondevano, o comunque sembravano fondersi con questioni di stato.

Le lettere diplomatiche del Bentivoglio furono, in particolare, prese in considerazione, oltre che dallo Scarabelli e dal De Steffani nelle prefazioni alle raccolte loro, da Adolfo Bartoli e da Bartolomeo Acquarone che ne recensirono le edizioni1.

Dice il Bartoli del Bentivoglio: «Comeché parli sempre con grande rispetto del papa e dei cardinali, pure, dove occorra e’ sa dirne francamente anche il male». Ed in un altro punto: «il tempo ch’ei fu nunzio a Parigi, era per la Francia un torbido periodo di confusione e di debolezza: tutti quei miserabili ambiziosi, quei grandi da poco, quella debole regina, quel re fanciullo, tutti lavoravano indefessi a distruggere l’opera del grande Enrico; è un’ingordigia e una viltá universale, in mezzo a cui però comincia giá ad apparire la figura del Richelieu»; e lo sdegno del Bartoli lo induce a deplorare: «ed anco un italiano ha sciaguratamente la sua parte in quei fatti, anzi forse la parte principale, quel Concini rimasto esecrato nella storia francese! Né in vero pare a noi ch’ei possa essere difeso dalle accuse che gli furono date allora e che si ripetono tutto giorno».

Al Bartoli non piace che gli sdegni dei francesi verso il Concini non abbiano impedito al Cardinal Borghese di raccomandare al Bentivoglio di stare in buone relazioni col Concini stesso; ma in seguito nota: «ne sembra però esser vero quello che il signor De Steffani osserva, che il maresciallo d’Ancre ha il merito di avere iniziata quella politica forte, che fu poi la gloria di Richelieu e di Mazzarini, e invigorendo l’autoritá del Monarca».

Piú avanti il Bartoli dá un giudizio riguardante, piú che il tempo e la politica del tempo, l’autore delle lettere; non però come scrittore ma come ministro e diplomatico. E partendo da un gruppo particolare di lettere scrive: «come vedesi, il ministro di Paolo V giudicava con una strana leggerezza la guerra che tra Savoia e Spagna ferveva; e il ministro e l’ambasciatore parlavano di interessi cattolici, di eretici, di mali sovrastanti alla religione,

  1. Archivio stor. it., n. s., t. XVIII, parte I, 1863; s. IIII, v. n, 1870; s. III, t. XII, parte I, 1870.