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libro secondo - capitolo vi 249


sperava con la pace di far godere al suo regno e alla sua real successione. Fra lui e il legato passarono subito quelli offici che piú vivamente potevano manifestar la scambievole sodisfazione che si riceveva da un tal successo; dando il re specialmente sopra di ciò molte lodi al legato, facendo apparire in ogni piú affettuosa maniera l’obligo particolare che da lui se ne riconosceva al pontefice.

Ma benché fra sí liete dimostrazioni si avesse per conclusa la pace, non finiva però di starne con intiera sicurezza il legato. Considerava egli le variazioni e raggiri del duca, e specialmente l’ultimo ordine cosí strano a’ suoi deputati di non sottoscriversi, e perciò temeva ch’intorno alla ratificazione non si trovassero da quella parte nuove difficoltá onde n’avesse a pericolare nuovamente l’accordo. Per ovviare a questo pericolo, sottoscritta che fu la capitolazione, il legato spedí subito con ogni diligenza a Turino il segretario Valenti, accioché egli facesse ogni piú viva instanza al duca di ratificare l’accordo seguito, e quando ciò non bastasse egli si trasferisse a Milano, e operasse che il Fuentes con la sua autoritá inducesse il duca a ratificare quanto prima. Fatto l’uno e l’altro di questi offici, doveva poi il Valenti andar con ogni diligenza a Roma per dar minuto conto al papa medesimo di tutto quello che si fosse trattato e concluso. Questa fu la spedizione che il legato fece in Italia.

Ma nel medesimo tempo ne fece un’altra con piú vivo ardore in Spagna. Considerossi da lui che verisimilmente il duca e il Fuentes non avrebbono presa l’ultima resoluzione, che restava di pigliarsi intorno all’accordo, senza l’espresso ordine e consentimento del re di Spagna, e che perciò di lá bisognava attendere principalmente quel bene o quel male che in simile caso poteva desiderarsi o temersi. Onde egli a tutta diligenza spedí un corriero a Madrid, e ordinò al nunzio che informasse bene pienamente il re di tutto quello che si era negoziato e concluso intorno alla pace, e procurasse con ogni piú efficace ed ardente officio che Sua Maestá scrivesse con tale efficacia al duca, e con sí espresso commandamento al suo ambasciatore