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libro secondo - capitolo iii 139

sopra, con tutto il resto della sua corte e della nobiltá di Fiorenza pur a cavallo; facendo apparire, con ogni maggior ostentazione di pomposo apparecchio, quanto dalla regina e da lui si desiderasse di vedere seguire in ogni piú splendida e piú maestosa forma quel primo e piú solenne ricevimento. Ma in quell’atto medesimo portò il caso che succedesse un fastidioso incontro, dal quale fu per ricevere un gran disturbo e forse per disordinarsi affatto la legazione. Trovavansi di giá a cavallo insieme il cardinale ed il granduca, e innanzi loro andava meschiato l’accompagnamento dell’uno e dell’altro, restando i prelati del cardinale di dietro della sua persona ed a quella del granduca. Pareva conveniente al legato che i principali baroni venuti con lui dovessero ritenere l’ultimo luogo, che veniva ad essere il primo innanzi a lui legato ed al granduca, lasciandovi solamente quello spazio in mezzo, che era necessario ad essere portata la croce innanzi al legato. Erano col granduca i tre sopradetti signori con superbissime livree portate da un gran numero di staffieri, e venivano con intenzione di voler essi restare nel primo accennato luogo avanti il cardinale ed al granduca. A tal fine si erano fermati in disparte aspettando che passasse tutta intiera la cavalcata per mettersi poi nel detto luogo, ma di ciò fatto consapevole il cardinale ne mostrò senso col granduca, e gli fece instanza che procurasse di persuadere don Virginio a cavalcare in confuso con gli altri romani baroni; fra questi erano quattro i piú principali, cioè Marzio Colonna duca di Zagarolo ch’era il piú vecchio, Giovanni Antonio Orsino duca di Santo Gemini, Lotario Conti duca di Poli e Pavolo Savelli signore d’Albano, della qual cittá egli ebbe poi titolo di prencipe. E perché papa Clemente per levar i disturbi che portava seco questa materia di precedenza fra i baroni romani aveva dichiarato con un particolare suo decreto che tra di loro l’etá precedesse e non la persona, il cardinale perciò fece dal suo maestro di ceremonie intendere a don Virginio ch’egli doveva ricordarsi del decreto che il papa aveva fatto in questa materia. Parve a don Virginio che ciò lo pungesse e che il