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8 delle memorie


Capitolo II.

Come io andassi a Ferrara per occasione d’esser quella cittá devoluta alla sede apostolica, e ciò che seguisse poi in quella, e in altre materie.

Era morto in quei giorni, e fu nel mese di ottobre 1597, Alfonso duca di Ferrara, senza che di tre mogli avesse lasciata prole d’alcuna sorte. Il piú prossimo dopo Alfonso per succedere a quel feudo della sede apostolica era Cesare suo primo cugino, e benché in Roma si avesse per cosa chiara ch’egli venisse da linea difettosa, nondimeno si pretendeva da lui che fussero bastantemente sanati in essa i difetti, e ch’egli perciò non potesse rimanere escluso da quel feudo che i prencipi Estensi con varie favorevoli investiture di sommi pontefici avevano sí largamente goduto. Ma dall’altra parte Clemente ottavo constituito allora nel grado pontificale, stando fermo nelli accennati sensi del tutto contrari, sosteneva che restassero nella linea di Cesare tali difetti e cosí notori che lo rendessero chiaramente incapace di godere quella successione. Fra queste difficoltá Cesare non trovando aperta in Roma alcuna strada al negozio, dava segno di voler mantenersi nel preteso dominio con l’armi, e fattone qualche apparecchio, ne provedeva la terra di Lugo e l’altre di quella frontiera, chiamata la Romagnola, contro la quale stimava che il pontefice fusse per voltare principalmente le sue armi. Al medesimo tempo aveva egli spediti vari ambasciatori alle prime corti della cristianitá, e specialmente a’ prencipi d’Italia, procurando per tutto di giustificare la sua causa e di conseguirne favore eziandio per difenderla.

Appresso il duca Alfonso commandava nel primo luogo alle sue milizie il marchese Ippolito mio fratello maggiore,