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102 delle memorie


Comincia il primo libro dalla rinunzia che fece l’imperatore Carlo quinto di tutti li suoi regni e stati al re suo figliuolo, e finisce il decimo nella morte di don Giovanni governatore di Fiandra e figlio naturale del medesimo Carlo. Ora mentre al principio i lettori aspettano con impazienza d’esser quanto prima introdotti alla cognizione di quei memorabili successi di Fiandra che l’autore sí largamente promette, eccolo uscire da quelle provincie quasi prima d’entrarvi, eccolo accompagnare l’imperatore a Spagna, rinchiudersi con lui quasi per due anni che visse nella solitudine di San Giusto, raccontare le sue minute azioni, riferire piú minutamente quelle che hanno piú della semplicitá e devozione claustrale, e dopo essersi fermato ivi con lui sinché segui la sua morte ritornare in Fiandra, porsi finalmente alla narrazione interrotta prima, si può dire, che principiata delle cose proprie di quei paesi. Ritornato ch’egli è, scrive molto nobilmente invero e con molta esattezza lo stato nel quale si trovavano allora le provincie di Fiandra. Parte il re poi verso Spagna e lascia al governo di quelle provincie di Fiandra la duchessa di Parma, e pure mentre che si aspetta che l’autore sèguiti la narrazione cominciata, egli se ne divertisce in un subito con narrare la vita della duchessa sino a quel tempo, e lo fa si prolissamente che fra la prima digressione toccante l’imperatore e questa seconda potrebbe dirsi che il primo libro fusse un libro quasi di particolari vite piú tosto che vera e legitima istoria di affari publici.

Ne’ seguenti libri vedesi pur’anche il medesimo. Al prencipe di Oranges ne viene fatta come una vita particolare, un’altra poco dopo al cardinale Granuela, un’altra alla principessa Maria di Portogallo, e cosí di mano in mano secondo i luoghi: al duca d’Alba, a Carlo prencipe di Spagna, al commendatore maggiore, al marchese Vitelli, al duca di Parma Ottavio Farnese unitamente col prencipe suo figliuolo, e infine a don Giovanni, e quest’ultima con sí prolisse minuzie e alcune di loro sí claustrali, che un separato e ben sostenuto componimento di vita particolare potrebbe sdegnarsene in certa maniera, non che un’opera di sí alto decoro e sí maestoso