Tu ‘l sai, che, poi ch’a me ti sei celato
né di qui rivederti ho più speranza,
altro che pianto e duol nulla m’avanza.80 Tu m’hai lasciato senza sole i giorni,
le notti senza stelle, e grave et egro
tutto questo, ond’io parlo, ond’io respiro:
la terra scossa e ‘l ciel turbato e negro,
e pien di mille oltraggi e mille scorni85
mi sembra in ogni parte, quant’io miro.
Valor e cortesia si dipartiro
nel tuo partir, e ‘l mondo infermo giacque,
e virtù spense i suoi più chiari lumi;
e le fontane ai fiumi90
negâr la vena antica e l’usate acque,
e gli augelletti abandonaro il canto,
e l’erbe e i fior lasciâr nude le piaggie,
né più di fronde il bosco si consperse;
Parnaso un nembo eterno ricoperse,95
e i lauri diventar quercie selvaggie;
e ‘l cantar de le Dee, già lieto tanto,
uscì doglioso e lamentevol pianto,
e fu più volte in voce mesta udito
di tutto ‘l colle: o Bembo, ove se’ ito?100 Sovra ‘l tuo sacro et onorato busto
cadde, grave a se stesso, il padre antico,
lacero il petto e pien di morte il volto.
E disse: ahi sordo e di pietà nemico,
destin predace e reo, destino ingiusto,105
destin a impoverirmi in tutto volto,
perché più tosto me non hai disciolto
da questo grave mio tenace incarco,
piú che non lece e più ch’i’ non vorrei,
dando a lui gli anni miei,110
che del suo leve inanzi tempo hai scarco?
Lasso, alor potev’io morir felice:
or vivo sol per dare al mondo exempio,