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Pietro Bembo - Rime |
s’armò, per liberarne, il re del cielo,
da l’empie man de l’aversario nostro,4
i pensier tutti e l’uno e l’altro inchiostro,
cangiata veste e con la mente il pelo,
a te rivolgo e, quel ch’agli altri celo,
l’interne piaghe mie ti scopro e mostro.8
Sanale, che pòi farlo, e dammi aita
a salvar l’alma da l’eterno danno:
la qual se dal camin dritto impedita11
le Sirene gran tempo e schernit’hanno,
non tardar tu, ch’omai de la mia vita
si volge il terzo e cinquantesim’anno.14
XCVIII.
In poca libertà con molti affanni,
di là ‘v’io fui gran tempo, al dolce piano,
che cesse in parte al buon seme Troiano,
venni già grave di pensieri e d’anni;4
e posimi dal fasto e dagl’inganni
e dagli occhi del vulgo assai lontano:
ma che mi valse, Amor, s’a mano a mano
tu pur a lagrimar mi ricondanni?8
Qui tra le selve e i campi e l’erbe e l’acque,
alor quand’i’ credea viver securo,
più feroce che pria m’assali e pungi.11
Lasso, ben veggio omai, sì come è duro
fuggir quel, che di noi su nel ciel piacque;
né pote uom dal suo fato esser mai lungi.14
Letteratura italiana Einaudi 61 |