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Pietro Bembo - Rime


Ma sia che pò: dopo ‘l gelo ritorna
la rondinetta e i brevi dì sen’vanno;
in ogni selva egualmente soggiorna
libero augello, e tal par grave danno,
che poi via maggiormente a pro ne torna.45
È gran parte di gioia uscir d’affanno.
Più che dorato scanno,
può la stanchezza un bel cespo levarme;
né di diletto i poggi e la verd’ombra
men che logge e teatro il cor m’ingombra.50

Poi che ‘l suon tace, è tolto a gran vergogna
per breve spazio ancora essere in danza.
Ebbi già per ben dire agra rampogna;
or altri in mal oprar se stesso avanza.
Odesi di lontano alta sampogna,55
e nulla teme, chi non ha speranza.
Fuggir è buona usanza,
s’uom non è mago o non sa il forte carme,
fera, ch’a rimirar dolce e soave
lo spirto e ‘l dente ha venenoso e grave.60

Di nessun danno mio molto mi doglio:
godo la buona sorte, e se la ria
m’assale, i desir miei sparsi raccoglio
e me ricovro a la virtute mia.
Né vostra pace più, né vostro orgoglio65
dal suo dritto camin l’alma desvia.
Chi vòle in mar si stia,
e ‘l legno suo di speme non disarme;
ch’io, del mal posto tempo e studio accorto,
fuggo da l’onde ingrate e prendo il porto.70


Letteratura italiana Einaudi 34