un mal, che vive sempre e, se per sorte
talor l’ancidi, più grave rinasce;
un a gli amici suoi chiuder le porte
del cor, fidando al nemico la chiave,
e far i sensi a la ragione scorte;15
un cibo amaro e sostegno aspro e grave,
un digiun dolce e peso molle e leve,
un gioir duro e tormentar soave;
un dinanzi al suo foco esser di neve
e tutto in fiamma andar sendo in disparte,20
e pensar lungo e parlar tronco e breve;
un consumarsi dentro a parte a parte,
mostrando altrui di for diletto e gioia,
e rider finto e lagrimar senz’arte;
un, perché mille volte il dì si moia,25
non cercar altra sorte e gir contento
a la sua ferma e disperata noia;
un cacciar tigri a passo infermo e lento,
e dar semi a l’arena, e pur col mare
prati rigar, e nutrir fiori al vento;30
le guerre spesse aver, le paci rare,
la vittoria dubbiosa, il perder certo,
la libertate a vil, le pregion care,
l’entrar precipitoso e l’uscir erto,
pigro il patti servar, pronto il fallire,35
di poco mel molto assenzio coperto,
e ‘n altrui vivo, in se stesso morire.
|
|
Letteratura italiana Einaudi 22 |