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Pietro Bembo - Rime |
XXIII.
Del cibo, onde Lucrezia e l’altre han vita,
in cui vera onestà mai non morio,
l’un pasca il digiun vostro lungo e rio,
donna più che mortal, saggia e gradita.4
L’altro la faccia bianca e sbigottita
dal tuon, che qui sì grande si sentio,
depinga col liquor d’un alto oblio
e vi ritorni vaga e colorita.8
E ‘l terzo vi stia inanzi a tutte l’ore,
e s’aven che Medusa a voi si mostri,
schermo vi sia, che non s’impetre il core.11
Per me si desti tanto il mio Signore,
ch’io trovi loco in grembo a’ pensier vostri,
tal che ‘nvidia non basti a trarmen fore.14
XXIV.
Tomaso, i’ venni, ove l’un duce mauro
fece del sangue suo vermiglio il piano,
di molti danni al buon popol romano,
cui l’altro afflitto avea, primo restauro.4
Qui miro col piè vago il bel Metauro
gir fra le piaggie or disdegnoso or piano,
per mille rivi giù di mano in mano
portando al mar più ricco il suo tesauro.8
Talor m’assido in su la verde riva,
e mentre di Madonna parlo o scrivo,
ad ogni altro penser m’involo spesso.11
Letteratura italiana Einaudi 14 |