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sostegni, risulta uno squilibrio nelle masse delle varie parti della pianta la quale, considerata per sè, si presenta poco omogenea e generalmente ha il centro di gravità del suo sviluppo verso la fronte, alle volte sulle testate dei bracci di croce.

Nel nostro Duomo invece ciò che colpisce anzitutto è la uniformità degli elementi che lo compongono, la semplicità colla quale questi sono aggruppati a formare la pianta, la chiarezza e regolarità dello sviluppo di questa: infatti troviamo un muro perimetrale continuo, di costante spessore e di semplicissimo tracciato, rinfiancato all’esterno da contrafforti — di tipo e disposizione uniforme — in corrispondenza di ogni serie di piloni interni che determinano le navate, e questi piloni pure sono del medesimo tipo, anzi dello stesso spessore, eccetto i quattro centrali alquanto più robusti per sostenere il tiburio. Ne risulta una disposizione severamente semplice, di unità grandiosa, omogenea nelle masse dei sostegni, non essendovi parti di speciale sviluppo che richiamino l’attenzione di preferenza che su altre parti della icnografia: una disposizione di getto, che non si presta facilmente ad essere modificata e che non si potrebbe quasi immaginare diversamente: a questa semplicità di linee, che si riscontra raramente anche in edificii religiosi d’importanza secondaria, si deve se la pianta del Duomo presenta fra lo sviluppo dei sostegni e l’area coperta un rapporto così basso, da non essere raggiunto da altre consimili costruzioni1.

Ebbene, se a questa semplicità e chiarezza di linee, noi immaginiamo applicata la disposizione delle due torri-campanile sulla fronte, collo spessore necessariamente considerevole dei sostegni, si vedrà tosto alterata quella omogeneità di massa che si riscontra in tutta la pianta del Duomo, e ne forma — come già si è detto — una caratteristica2.

Si noti poi come queste torri, se si comprendono nella larghezza attuale della fronte, vengono inevitabilmente a guastare quella semplice e severa unità della interna disposizione delle navate, che costituisce uno dei pregi principali del nostro Duomo; se invece si dispongono all’infuori delle cinque navate — o interamente come ideò il Buzzi, o anche solo in parte

  1. Nôtre-Dame dà per rapporto l’ottavo, mentre il Duomo dà il decimo.
  2. Ammettendo per il motivo delle torri la necessità di uno sviluppo considerevole ed eccezionale nei sostegni si è, apparentemente, in contraddizione coll’esempio del tiburio, la cui massa ragguardevole è sostenuta da soli quattro piloni, di poco più robusti degli altri: ma, per il caso del tiburio, bisogna considerare come, a sostenerne il peso, concorrano le vôlte che all’intorno vi fanno contrasto: elementi sussidiarii i quali, nel caso di una torre-campanile posta sull’angolo della fronte, mancherebbero completamente, richiedendo una speciale robustezza di sostegni, necessariamente evidente nella stessa disposizione planimetrica: escludiamo naturalmente la soluzione, già più volte tentata, di torri dissimulate in pianta e portate, in tutto o in parte, dai piloni attuali, giacchè sarebbe una soluzione contraria al principio logico e fondamentale d’ogni organismo architettonico, che ogni parte dell’edificio debba nettamente risultate nella disposizione planimetrica.