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quale, a nostro avviso, non ebbe mai. Il Sabba Castiglioni, citando a prova che il Bramante fosse illetterato la circostanza che l’artista appartenne al Collegio dei Frari del Piombo, non ha fatto, che un tentativo mal fondato per giustificare l’asserto del Cesare Cesariano, al quale si deve probabilmente la sola e vera origine della credenza. Il Cesariano nei suoi curiosi commenti al Vitruvio, ha infatti questa frase «licet et fusse illitterato » (pag. LXX verso).

Chi conosce però il bizzarro modo di esprimersi del Cesariano, ben difficilmente è indotto a prendere quelle parole in un senso preciso, assoluto, per farne argomento di una conclusione, la quale nel fatto viene a mettersi immediatamente in contraddizione, non solo coll’opera poetica di Bramante, ma più ancora colle varie testimonianze che ci restano in scritti del tempo di questo artista.

Così pure dichiareremo fin d’ora non essere nostra intenzione insistere sul valore letterario di queste poesie che or pubblichiamo, nè volerci giovare delle medesime per arrivare a considerazione qualsiasi sulla letteratura di quell’epoca; il che ci trarrebbe fuor dell’argomento. Il Vasari ebbe già a dire, a tale proposito, che Bramante «componeva qualche sonetto, se non così delicato come si usa ora, grave almeno e senza difetti.»

Il Trucchi dice di tali sonetti che sono dettati «senza alcuna benchè minima pretesa letteraria»