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LA FAVOLA

     Dipoi ch’indarno dal Senato volse
     Comprar l’amato, et insensibil sasso,
     Per la repolsa furioso e insano,
     De la sfrenata voglia in se medesmo,
     Con la sua propria man vendetta prese
In quella lutta, che dal corpo uscendo
     L’alma sforzata suol sdegnosa fare,
     Con i pie tremanti la serrata porta
     Iphi percosse, che dapoi ch’aperta
     L’holocausto d’amor palese fece,
     À così novo, e infortunato caso
     Ognun de servi stupefatto grida,
     Et dal funesto laccio invano cerca
     Iphi levare, che gia Acheron varcato
     Haveva dritto l’amorosa selva,
     Et à la propria casa lo riporta;
     Ove dipoi che la dogliosa madre
     Tenuto in braccio morto figlio pianse
     Et con atti et parole egre conformi;
     Disfogo in parte la pennosa mente
     Faceansi le funeste, acerbe esequie,
     Et per la strada che vicina havea
     La casa di Anaxarete, piangendo,
     Et al funereo miserabil rogo
     Accompagnando il corpo morto, andava
     La molta turba, che pietà movea,