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DI ANAXARETE.

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     À l’andare,à lo stare, à gli atti veri,
     Per lo terror da la propinqua morte,
     L’ombre sembrava, che dal corpo spento
     Con faccia humana il folle volgo crede
     Errar nel tempo ch’il crinito Apollo
     Nel mar bagnando l’indorato carro,
     Scovre i celesti pargoletti lumi,
     Ò pur il simolachro, horrido, incolto,
     Che in Athene la casa infame rese,
     Fin ch’insepolto et cathenato giacque,
     Onde con voce lachrimosa et mesta,
     Come presente al suo cospetto fosse
     La lingua sciolse à tai parole estreme.
Anaxarete hor vinci l’aspra guerra,
     Ch’ordiste contra d’un fedel humile,
     Nel di ch’à mal mio grado il core alzai
     Con gli occhi vaghi à perigliosa impresa,
     La tua fierezza l’humiltà mia vince,
     Che non più assai gran tempo à tedio havrai,
     Cinge le tempie di vittrice Lauro,
     Et con le voci d’allegrezza piene,
     Su’l glorioso carro trionfante
     L’opime spoglie del nemico porta,
     Ecco che vinci, et volontier ne moro,
     Accio che lieta di mia morte, possi
     Crudel lodarmi, et non negarmi in parte,