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DI ANAXARETE. |
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In tanta rabbia in tal furor divenne,
Che per più non morir, morire s’ellesse.
Era nel tempo, che novellamente
Girando notte lo stellato carro
Davan riposo i miseri mortal
Á gli affannati spirti, à i corpi lassi,
Et gli animai ne i proprii alberghi fidi,
Chi su un bel Mirto, chi su un verde Lauro,
Chi in le spelonche, chi ne le fresche acque,
Godeanse il sonno taciturno, e queto;
Sol’Iphi nel crudel proponimento,
Che maggior crudeltà facea men duro
Tutto pensoso, et di speranza voto
Che i laccio al collo à molti ha gia disciolto,
Fuor d’ogni requie travagliato stava,
Era à vederli intorno maraviglia
Innumerabil furie del’inferno.
Sedea con alto et minaccioso volto,
Tutte le ingiurie in man, tutte l’offese
De la peste d’Amor mostrando scritte
Lo sdegno à vendicar pronto et leggiero,
Et con sfacciata et temeraria fronte,
Che di mal far più che di ben s’appaga,
Baldanzosa venia l’Audacia innanzi,
Ne longe stava il lacerato pianto
Pallido il viso, con le vesti sciolte