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LA FAVOLA |
Quegli senza morir, morendo vive.
Cotal vienne Iphi, ch’all’horribil suono,
Come à l’aspetto del Gorgoneo mostro,
Quasi restò cangiato in viva pietra.
Non hà voce à dolor, ne agli occhi pianto,
Ne fiato natural di bocca spira,
Ma trema insina alle midolle e l’ossa.
Ò potenza d’Amor grande è infinita,
Che duo contrari in un medesmo oggetto
Si spesso accoglie, ond’è cotanto ghiaccio
À chi tanto arde, ond’è cotanto foco
À chi in tanto timor agghiaccia et trema?
Con che spenger si pon le tue facelle,
Se in lor concordi sono il fuoco, e il gielo,
Con che scaldar potrò la neve, il ghiaccio
S’il fuoco tuo ch’ogni altro foco eccede,
L’interno gielo intepidir non vale
In questa pena per buon spatio stete
Il miser huom mezzo tra morto, e vivo
Poi ritornatogli il vigor primiero,
Tutto pensando, e rivolgendo à pieno
Del suo misero Amor l’aspro destino
E conoscendo che impossibil fora
Placar la cruda, e immansueta fera,
Havendo sempre ne la mente fisse
Le soperbe orgogliose, alte parole,