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FAVOLA DI


ANAXARETE.

A
 L  M  A   mia fiamma, dal cui santo foco

Mille honesti disii sfavillan sempre,
     Ovunque gli occhi, ovunque il viso adorno
     Di che’l Cielo, et la Terra s’innamora,
     Qualhor beando questa parte et quella
     Volgete in tempre, disusate et vaghe,
     Perche come à l’errante secol nostro,
     Che in voi sola s’appoggia, e sol respira,
     Sete d’ogni vertude essempio et norma,
     Et di quanto à ben far mai, si conviene
     L’aperta via mostrate, e’l dritto calle,
     Solo à pietà, che gentil core allaccia,
     Et che quanto è creato adora, e inchina,
     Come d’ogni vertù viva radice,
     Chiudete il casto, et disdegnoso petto?
     Ne unquanco à prieghi d’un fedel divoto,
     Che corre à morte mille volte amando,
     Scemate punto di durezza al core.
Credete forse, che’l mottor eterno
     À cui più, ch’altro crudeltà dispiace,
     À morte, et onta, di chi v’ama, e adora,
     Tanta beltà, tante vertù creasse?
     Credete quando ogni suo studio pose
     In farvi più de l’altre al mondo bella,