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DI PERISTERA.

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     Troppo sdegnato contro il mio riposo,
     Men t’era havermi il cor traffitto, et posta
     Tra tuoi vivi soggetti, à tuoi triomphi.
     Ferir la tua saetta usa i nimici
     Et i rubbelli cor, ch’adamantino
     Vestono smalto, et in me fida ancella
     Di chi t’é madre, tal saetta adopri
     Ch’à te si disconvien, se converrebbe
     Crescer l’impero tuo non già scemarlo,
     Ne mutar corpo in piume, ma di ghiaccio
     Far fuoco i corpi, et allacciar li sciolti,
     E’mpregionar chi’n libertà si truova.
Più cercava parlar l’anima afflitta,
     Ma’l tutto le vietava il suo bel corpo,
     Che di candide piume à poco à poco
     Se medesmo copriva, onde in un punto
     Sparver le belle man, mentre le braccia
     D’ale forma prendean, che’n van movendo
     Per Venere abbracciar, resto di poi
     Più impedita nel duol, vedendo à un tempo
     I vaghi piedi haver gli adunchi diti
     Non senza piume, et pur pennuta coda
     Farsi l’accolta vesta, che à lei spesso
     Percoteva il tallon candido, mentre
     Per soverchio affrettar le destre piante
     Seguiva l’orme de la Dea di Cipro.