Nel’albergo del petto egli ripose
Del rabbioso Leno lo sdegno atroce.
Ecco che senza dir le gran ruine
Di tanta arse Cittá, di tante straggi
Et d’altri horribil casi al mondo conti,
Fatti per te, di stigge horrida figlia,
Et senza dir come nel Cielo anchora
(Se nel Ciel però alberga ira nel sdegno)
Hai commossi i celesti et sommi Dei
A’ vendicar lor onte in mille guise,
Hor hai spinto Cupido à riputare
L’offesa immensa, et di vendetta degna,
L’offesa, che dal gioco, onde ella nacque
Dando à Venere aiuto in mezzo i fiori,
Et dal sincero pio debito affetto,
Cortesia giusta esser pensar dovea
Così, mentre crescea l’allegra festa
De le presenti Ninfe, à lui crescendo
L’irato fuoco, riguardata in volto
L’aversa Ninfa, e in lei crollando il capo,
Più volte con la man toccò, s’a i fianchi
Havesse il crudel’arco, et visto al fine
Ch’era di lunge la faretra, e l’arme
che lassar gli convenne al giuoco entrando,
Ahi Ninfa (à dir comincia) che nimica
Cosi stata d’Amor, schernite hai tanto