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LA FAVOLA

     Et benche si convenga ò voi viole,
     Che coglier sol vi debba la mia Madre,
     Non per questo in oblio vi pongo, et voglio
     Di voi pallidi fior, tanti, ch’i possa
     Mille pallidi Amanti scolorare.
     Et tu che fai, che quì rosseggi anchora
     Papaver sonnacchioso in mezzo à tanti?
     Pensi, che nel vederti, in sonno i debba
     Languidetto cader? vano e’l pensiero,
     Ch’i desto più che prima, ecco non cesso
     Di coglier te con gli altri, anchor che prive
     Sien d’odor le tue fronde, e dove i lasso
     Te fior possente, che da campi Oleni
     Fosti à Flora mandato? io vò che’l grembo
     Tu debbi al fin colmarmi, se tu fosti
     Che la santa Giunon, sterile allhora
     Gravida festi al tatto sol, che madre
     Venne senza marito, e aggiunse in Cielo
     Lo Dio feroce, che la Tracia adora.
Era à queste parole, il Picciol Dio
     Quasi tenuto vincitore, e’n intorno
     Per lui volando la vittoria, preste
     Havea quasi le piante, à dargli in mano
     La Palma, ch’era pregio in tal contesa,
     Quando di tante Ninfe ivi presenti
     Tutte à Venere amiche, e à lei dilette,


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