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DI PERISTERA |
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Fusse il giuoco tra Venere e’l Figliuolo,
Ambi pur con gran fretta, à porre fascio
Di quei prati gli honor, givano accesi,
Rassembrando color, ch’al Sole ardente
Si veggono affasciar le bionde spighe
Con falce adunca, ò come è pur costume
Del’ingegnose pecchie al primo albore
Mentre predando van fiorita siepe.
Ma giochi con Amor chi vuole et scherzi
Che’l gioco con lo scherzo al fin non puote
Uscir senza punture, ò senza alcuno
Ricordo, che rinovi à l’alma il duolo.
Era la Dea di Papho in gioco tale
Tutta festante in gir cogliendo i fiori,
Quando (perche ad Amor si piacque, à cui
Lice il tutto voler) trovò cordoglio
Che pose in tanto mel fiero veleno,
Et poco men restò vinta da lui
Che di vincer pensava al primo assalto.
Era tra tanti fior vago a vedere
Il bello Adone, et la purpurea Rosa
Indi poco lontana, onde risorse
À Venere co’l duol, la rimembranza
Del perduto suo ben, perche rivolta
À lun fiore et à laltro, Ahi coppia amata,
Dunque pur qui vi veggio assai più spesso