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LA FAVOLA

     Non senza far Giunon gelosa e trista.
     Lassa dunque l’oprar, se già nel’opra
     È soverchio il sudar, et meco almeno
     Dispensa l’hore, che ben caro havria
     Con qualche lieto gioco, al tempo fare
     Spedito oltraggio, e qual più lieto gioco
     (Rispose il fanciullin lassando allhora
     L’opra fornita) potrai fare ò Madre,
     Ch’al tuo caro Volcan, à quel tuo vago
     Girtene in fretta, e’n solazzevol letto
     Nuda seco giacer, dando à lui quello
     Ch’al focoso desio fù tolto, quando
     Nacque Ericthonio dal mal sparso seme.
Rise Venere pur, si come vera
     Del riso madre, anchor che tal ricordo
     Del deforme marito, in mezzo e’l core
     Le fusse strale di cordoglio amaro,
     Et pur tal gioco (subito rispose)
     Non fora ò figlio, di diletto privo,
     Ne fuor de i miei pensier, come tu credi.
     Mà per hor non haver Cigni quì presti
     Da porgli giuntamente al carro in freno,
     Il meglio è, ch’io mi posi in questo prato,
     Ne rompa al mio Volcan l’opra, che’n Ethna
     Hà Giove imposto à suoi Ciclopi, et egli
     Come Mastro maggior de la Fucina,