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LA FAVOLA

     De le ministre sue la molta cura;
     Ella tal volta di man propria, hor’una
     Hor’altra parte del suo corpo ornava,
     Mostrando in quell’ornar gli schietti diti
     Che vincono d’assai quei de l’Aurora.
Ne lunge da man manca era Cupido
     Ch’agguzzava suoi strali ad una cote,
     Ad una cote, che più ch’altra mai
     Ad agguzzar li strali era atta, e’allhora
     Havea da Naxo procurata in fretta.
     Vedeansi intorno à lui ben mille amori,
     Che senza ordine alcun pronti e leggieri
     Con mille scherzi fanciulleschi, e gai
     Stavano, e parte anchor correa vagando
     Pe i virgulti vicini, hor questi nidi
     Hor quei de gli augelletti ad uno ad uno
     Dolce spiando, et hor cogliendo i frutti
     Da sacrati arborscei, chi poi sospeso
     Se stesso si tenea per le novelle
     Viti, et altri carpon ne giva in festa
     Per l’herboso terren di gemme adorno.
     Altri con liete voci, e con saette
     Scacciava i Fauni, et le lascive Ninfe,
     Che vaghi di veder si bel ridotto
     In van correano, à contrastar non atti
     À quei custodi pargolletti numi