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DI PERISTERA.

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     L’ultimo mal, con velenose punte
     Assale i Muli et i veloci cani,
     Come per nove giorni ei fece allhora.
     Ma per un lauro fuggitivo, et crudo,
     Dolcemente hor s’affligge, hor d’un bel fiore
     Piangendo cinge la celeste fronte,
     Et hor Admeto sospirando, move
     L’eburna Cetra, et tra soavi canti
     Parte quell’hore, in che le piaghe antiche
     Va rinovando la memoria viva.
Ma tu che fai Potente almo Cupido
     Che non aspiri à le mie voci, e sgombri
     Dal cor la fiera soma, à che m’adduce,
     Il vedermi lontan dal mio thesoro?
     Togli signor la nebbia, et rasserena
     La mente homai, che dal vigor commossa.
     De la prescritta usanza, come cera
     Si va struggendo al Sol pensier d’e lampi,
     Onde vive abbaggliata et vivra sempre.
     Lascia per breve spatio il fuoco, et l’arme
     Che’n terra, in mare, in Cielo, et nel’abisso
     Hanno del vincer tuo fissi i Trophei,
     Senza desio d’addurre al tuo bel regno
     Ch’ogni cosa creata al mondo adora,
     Nove prede cattive ribellanti.
     Et se dato è da se (si com’i credo)


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