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LA FAVOLA |
Ponean lor forze, et cio parer voleva
Per le concave valli, ov’ha ricetto,
Seco dolendo Echo pietosa fare,
Iterando le voci egre et funeste,
Ma Pan che lasso homai, gia non lassava
D’abbracciar il suo Pin, in questo avezzo
D’abbracciar lo imparo, si come irato
Borea non cessa, ove piu forte fiede,
Per vendetta di lei, che lo scherniva,
Di percuotere il Pin, non pur ne i boschi,
Ove le chiome innalza, et mostra il vento
Spreggiar anchor, ma sempre ch’ei lo scorge
Di Amphitrite solcar l’alto reame.
Questo fine hebbe ò lagrimosi Amanti
L’Amor di Borea, et quel di Pan, e à tale
L’un mosse Gelosia, l’altro la doglia,
Che quel geloso pur, questo dolente
In eterno vivra, peroche eterna
E la piaga, ond’Amore fere una volta,
Et morte sola è medicina al fine:
Ma quanto viva Pan misero ogni hora,
Quei troppo il sanno, che come ei, da morte,
Orbi rimangon del thesor Amato,
Questo non vuol’insin ad hor ch’io provi,
Il mio lieto destin, ne voglia prego,
Finche gli occhi mi chiuda il sonno estremo,