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DI PYTI.

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     Nel vetro impressa, non ritarda il corso
O che strano tumulto era à sentire
     Pan accecato dal dolor ir fuori
     Con la voce col viso, et con l’andare
     Et con la sua ritorta horribil tromba
     A lontani e à vicin dando spavento,
     Dicessi che i terror che’egli sol muove
     Sono i maggior di quanti il mondo senta,
     Onde quando à lui piaccia, ancho à l’abisso
     Reca paura di peggior inferno,
     Non è in somma terror, ne fiero suono
     Che pari aggiunga quel che da lui viene,
     Et gridi pur Gradivo à Gara, et doglia
     Da Titide percosso il lato anchora,
     Sentassi come prima, Etna sfogare
     L’usate fiamme, all’hor che piu la scuote
     Encelado sepolto, et sieno irate
     Scylla et Cariddi, che ben picciol grido
     Faranno, dove Pan la forza horrenda
     Del terribil terror mostrar s’approva:
     Ma tanto fiera et piu ne mai sentita
     Voce intonava allhor, quanto perduto
     Il lume di ragion, l’ampie sue forze
     Gli accrebbe Amor oltra il poter usato.
     Luogo intanto non lascia ove ei non vada,
     Et dove ò Pyti non richiami, ò Pyti,


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