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DI ANAXARETE.

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     À la morte si fanno illustri in ganni,
     Per la virtù dell’invaghiti sensi
     Insina à le midol si gusta, e prova,
     Ma un non so che, che con la mente intenta,
     Con l’anima levata al terzo giro,
     Che ne ingegno ne stil il ver agguaglia,
     Incomprensibil si conosce, e gode,
     E vivo Lethe et Acheronte passa,
Questo al tornar di Demophonte amato
     Fé verdeggiar di nuove foglie, quella
     Ch’al suo lungo aspettar fatta di ghiaccio,
     In arbor secca d’amoroso foco
     Havea cangiata la mortal sua scorza,
     Questo nel rogo ardente Evadne estinse,
     Questo fè l’ombra di Protesilao
     Laodomia si preggiar, ch’al simolachro
     Di lei la vera sua vita prepose,
     Questo al gridar de l’infelice Tisbe,
     À i complessi iterati, à i longhi pianti
     Gl'occhi gravati dal’estremo sonno
     Aperse, a chi già gli havendo aperto il petto
     A’ gli spirti vitali, à l’alma morta,
     Ad amor solo havea rinchiuso il passo,
Ò vero ben mal conosciuto tanto,
     Vera vita che morte ne prolunghi,
     Vera beatitudine beata,


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