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LA FAVOLA

     Beato quanto per Amor soffersi,
     Beato ch’ancho di soffrir mi resta,
Ma lasso il desiar fallace, e vano,
     Lasso la speme tropo in alto alzata,
     Lasso la soave rimembranza antica,
     Et ritornando al mio primo lavoro
     Onde non sarò mai satio ne stanco,
     Dico che per ragion stabile, e ferma,
     Che da l’origin vostra se deriva,
     Sete voi nostre, et da noi divise
     Senz’il mezzo di voi stesse imperfette
     Ad util vostro, à voluntà del cielo
     (Che mai vi tolse quel che già vi diede
     Ma per giusta cagion mutollo in parte)
     Reintegrarvi con noi dovreste ogn’hora,
     E ricusando à chi ven chiede, e prega,
     (Sempre di quel che ne sia degno parlo
     Di quel ch’amando desiando morto
     Fatta n’havete isperienza certa)
     Poi che ciasccun di altrui ha il mezzo vero
     À un tempo solo, ad un medesmo tratto
     (Ove è maggior sciocchezza maggior torto)
     Il proprio à voi, à noi togliete il nostro,
     Ne sol togliete la dolcezza eterna,
     Che in si nettareo, si sacrato effetto,
     Onde il viver noioso, à mill’oltraggi,