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faceste molta pena. Mio padre dice che, quanto può venir scientificamente spiegato, non deve sorprenderci: così ad esempio il vostro sonno prolungato; ma se provo di figurarmi al vostro posto, mi gira il capo; sento che non potrei sopportare un caso simile.
«A meno che,» soggiunsi «non accadesse anche a voi che un angelo venisse in vostro aiuto».
Se il mio volto espresse i sentimenti che io provavo per quella soave ed amorosa fanciulla, che aveva agito come un angelo con me, ella dovette leggervi la più alta adorazione. Questa espressione, o le mie parole o forse tutto ciò insieme, le fecero abbassar gli occhi arrossendo.
«Dovette essere qualche cosa di sorprendente per voi,» dissi «il vedere tornar in vita un uomo appartenente ad un altro secolo e da tutti creduto morto da più di cent’anni».
«Dapprima ci sembrò che sorpassasse in stranezza ogni descrizione,» disse, «ma poi mettendoci nei vostri panni e cercando di figurarci quanto ciò dovesse sembrar più strano a voi, credo che dimenticammo i nostri pensieri; io, almeno so che feci così. In seguito ciò ne parve assai meno sorprendente, che interessante e commovente, più che qualunque cosa da noi vista sinora».
«Ma non vi par strano di sedere a tavola con me, pensando chi sono?»
«Voi non ci sembrate tanto straniero, come dobbiamo sembrarlo noi a voi,» rispose essa. «Noi apparteniamo ad un avvenire del quale non vi facevate un’idea; ad una generazione della quale non sapevate nulla prima di vederci; ma voi appartenete alla generazione dei nostri avi; di essi noi sappiamo molte cose, e fra essi molti ci furon cari e ne ricordiamo i nomi. Abbiamo studiato il loro modo di vivere e di pensare; nulla di ciò che dite o fate ci sorprende, mentre ciò che noi diciamo e facciamo vi deve parer strano; vedete dunque, signor West, che se sentite che col tempo vi potrete abituare a noi, non vi dovete stupire se fin dal principio non foste per noi completamente straniero».