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alla morte, come a’ vostri tempi una rendita vitalizia, e viene assegnata una data somma per i funerali. Quanto a ciò che si possiede in più, se ne dispone a proprio piacimento».
«Come si fa», domandai, «per ovviare all’accumulamento degli oggetti di valore per parte d’ognuno, cosa che nuocerebbe all’uguaglianza dei mezzi finanziari?»
«Quest’affare si aggiusta facilmente», fu la risposta. «Nella presente organizzazione sociale gli accumulamenti di beni personali, diventano un peso, se sono al disopra dell’occorente per le necessità della vita.
A’ vostri tempi si considerava come ricco un uomo che avesse nella propria casa dell’oro, dell’argento, porcellane rare, mobili di gran prezzo, ecc.; poichè tali oggetti rappresentavano denaro ed in qualunque tempo se ne poteva realizzare il valore, mentre oggi, per ipotesi, se cento parenti, morendo contemporanemente, lasciassero tutta l’eredità ad uno solo, quegli sarebbe tenuto per infelice, perchè, essendo gli oggetti invendibili, non potrebbe che servirsene per uso proprio e rallegrarsi nel rimirarli. D’altra parte, dovendo prendere altre case in affitto per custodirvi gli oggetti, diminuirebbe il suo introito annuo, e avrebbe inoltre da pagare persone destinate a serbare il tutto in ordine. In tal caso, nulla v’ha di meglio che distribuire gli oggetti fra gli amici, notando che ogni amico non accetta più di ciò che può contenere la propria casa. Vedete dunque, che da parte della nazione, sarebbe superflua la precauzione d’impedire la trasmissione ereditaria personale, essendo già certa che nessun cittadino si lascia sopraccaricare; ed anzi, a questo proposito, è tanto prudente, che rinuncia solitamente ai beni ereditari, riservandosi solo qualche oggetto particolare; quindi la nazione ritira la mobilia rinunciata e ne unisce il valore al capitale generale comune».
«Dovendo voi pagare il servizio e la cura delle vostre cose,» diss’io, «mi viene in mente una domanda che fui già più volte sul punto di farvi. Come avete sciolto il problema della servitù? Chi vuol sottoporsi a servire in una casa, quando tutti sono socialmente uguali? Per le nostre signore, ai nostri tempi, era una vera tribolazione l’aver da fare coi domestici.»