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sona che si rifiutasse di lavorare, a questa mancherebbero i mezzi per la propria sussistenza. Sarebbe divisa dal mondo, separata dalla società, avrebbe commesso come un suicidio.»

«Il tempo di servizio in quest’armata dell’industria è per tutta la vita?»

«Niente affatto, esso comincia più tardi e finisce più presto del periodo medio di lavoro dei tempi vostri. Gli opifici e le officine d’allora erano gremite di fanciulli e di vecchi; noi consacriamo la gioventù al lavoro, e quando le forze fisiche cominciano a scemare, dedichiamo il tempo al dolce riposo. Il tempo per il servizio dell’industria è di ventiquattro anni; comincia col ventunesimo anno, appena compiuta l’educazione, e finisce a quarantacinque. Dopo di ciò, il cittadino è libero di ogni lavoro regolare, ma può in un caso di necessità, per urgenza di lavoro, venire richiamato, finchè abbia raggiunta l’età di cinquantacinque anni. Queste chiamate succedono di rado, quasi mai. Il 15 Ottobre di ogni anno è il giorno della leva. Quelli che hanno raggiunto il ventunesimo anno di età, vengono arruolati nel servizio dell’industria, e quelli che dopo 24 anni di servizio prestato, hanno compiuti i 45, ne escono gloriosamente. Da questo avvenimento regoliamo tutti gli altri nell’anno, quel giorno è la nostra olimpiade, che si ripete annualmente».


CAPITOLO SETTIMO




«Formata che sia l’armata industriale,» dissi io, «comincia secondo me una gran difficoltà, poichè in questo punto cessa l’analogia con l’armata militare. I soldati hanno tutti la stessa cosa da fare; invece quest’armata deve imparare ed esercitare diversi mestieri. Come si fa per dare a ciascuno il mestiere che gli sia più adatto? Chi fa la scelta?»