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Respinsi il bicchiere e cominciai a pensare che cosa era avvenuto, ed era molto chiaro; tutta la storia del vigesimo secolo era stato un sogno; aveva sognato degli uomini illuminati e senza fastidi, delle loro semplici disposizioni, della gloriosa nuova Boston colle sue cupole ed i suoi comignoli, i suoi giardini e le sue fontane e di tutte le agiatezze esistenti dappertutto; l’amichevole benignità alla quale mi era abituato, il mio ingegnoso ospite e mentore, il dottor Leete, sua moglie e sua figlia la seconda e più bella Editta, mia fidanzata, erano anche immagini della fantasia.

Rimasi a lungo nella stessa positura; sedeva sul letto e guardavo nel vuoto, occupato a far passare in rivista gli avvenimenti della mia visione fantastica. Saverio si spaventava del mio aspetto e mi domandò, inquieto, che cosa avessi. La sua indiscrezione mi ricondusse al riconoscimento del mio vero stato; richiamai i miei pensieri e tranquillizzai il mio fedele servitore assicurandolo che non mi sentivo nulla. «Ho fatto un sogno stranissimo, Saverio, ecco tutto,» dissi, «un sogno stra-or-di-nario».

Mi vestii macchinalmente e mi tastavo non sicuro di me stesso; feci la colazione preparatami come al solito da Saverio, e poi uscii. Il giornale del mattino stava sul mio tavolo, lo presi e ne lessi la data, 31 maggio 1887. Dall’istante in cui apersi gli occhi, avevo compreso che le mie esperienze fatte in un altro secolo erano un sogno; epperò mi sorprendeva la prova convincente che il mondo non era che di due ore più vecchio. Guardando l’indice del giornale che dava le notizie del mattino, lessi la rivista seguente:


Cose estere.


Minaccie di guerra tra la Francia e la Germania. — Le camere francesi richiedono un nuovo credito militare per pareggiare l’accrescimento dell’armata tedesca. — Possibità d’una guerra generale. — Grande miseria degli operai senza lavoro. — Gli operai di Londra domandano lavoro. — Dimostrazione mostruosa.