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la condannavano all’impotenza; la compassione femminile non apparve mai sotto più dolce aspetto. Tanta bellezza e tanta bontà m’intenerirono, e l’unica risposta opportuna mi sembrò quella di dirle la verità, invero io non nutrivo la minima speranza; ma non temeva neppure d’irritarla, poichè era tanto pietosa.
Così le dissi. «Sono un ingrato, di non mostrarmi contento della bontà che mi usaste e mi usate ancora; ma siete cieca e non vedete che questo non basta alla mia felicità? non vedete che ciò succede, perchè io sono un pazzo e oso dirvi che vi amo?»
A queste mie parole essa arrossì e chinò gli occhi: ma non tentò di liberar dalle mie le sue mani, stette alcuni istanti immobile sospirando profondamente, poi arrossì ancor più di prima e mi guardò con un incantevole sorriso.
«Siete ben certo di non essere voi il cieco?» disse; e fu tutto; ma non chiedevo altro, poichè ciò mi diceva, per quanto fosse incredibile, che questa raggiante figlia d’un secolo dorato, m’offriva in dono non solo la sua pietà, ma anche il suo amore. E pensavo che dovesse essere una deliziosa allucinazione, anche quando la strinsi fra le mie braccia.
«Se ho perduto il senno,» esclamai, «lasciatemi sempre così».
«Sono io che ho perduto il senno,» mormorò essa liberandosi dalle mie braccia, quando appena avevo gustata la dolcezza delle sue labbra.
«Oh! Oh! che cosa dovete pensare di me che mi sono quasi slanciata al collo di un uomo che non conosco che da una settimana; non era mia intenzione che lo indovinaste così presto; ma mi dolevo tanto per voi, che non sapevo più che cosa dicessi, no, no; voi non mi vedrete più se non saprete prima chi sono; in seguito, signor mio, dovrete domandarmi umilmente perdono perchè pensate — e ne sono certa — che io vi ho dimostrato troppo presto il mio amore. Quando saprete chi sono, converrete meco che era dovere e debito di amarvi al primo incontro e che nessuna fanciulla di sentimenti retti avrebbe al mio posto potuto agire diversamente».
Come si può facilmente supporre, sarei stato felicissimo di ri-