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di lagrime che lasciai scorrere. Quando mi fui calmato, osservai che ella pure aveva pianto.
«Dio benedica il vostro tenero cuore», dissi. «Desiderate vedere il suo ritratto?»
Portavo al collo un piccolo ciondolo appeso ad una catenella d’oro; in esso stava il ritratto di Editta Bartlett, ritratto che, durante il mio lungo sonno, era rimasto poggiato sul mio cuore; lo aprii e lo porsi alla mia compagna. Essa lo prese con islancio e guardò lungamente quel volto soave, quindi se lo appressò alle labbra.
«Era buona e cara, e merita certamente le nostre lagrime,» disse, «ma pensate che il suo dolore ha cessato da un pezzo, e che, già da quasi un secolo, ella è in cielo».
Sì, ciò era vero. Per quanto grande sia stato il suo dolore, è già un secolo che ella ha cessato di piangere: la mia subita commozione si calmò e le mie lagrime cessarono di scorrere. Editta Bartlett era stata molto cara nella mia vita passata; ma da allora erano scorsi cento anni!
Forse si troverà che questa confessione indica mancanza di sentimento; io però credo che, chi non si è trovato nel mio caso, non può giudicarmi. Mentre ci accingevamo ad uscir dalla camera, i miei sguardi caddero sulla gran cassa-forte, resistente al fuoco, posta in un angolo; la feci osservare alla mia compagna e dissi: «Questa non fu soltanto la mia camera da letto; ma anche la mia tesoreria; in quell’armadio vi sono parecchie migliaia di dollari ed una grossa somma in carte-valori. Se, coricandomi quella sera, avessi saputo di fare un sonnellino tanto lungo, sarei stato con animo tranquillo pei miei futuri bisogni, perchè l’oro ivi racchiuso poteva certamente bastarmi. Non sarei mai giunto a supporre che sarebbe venuta un’epoca, in cui l’oro avrebbe perduto il suo valore; eppure ecco che mi sono trovato, svegliandomi, in mezzo ad un popolo dal quale, per un carro di oro, non otterrei un solo pane».
Come era da aspettarsi, ciò non parve ad Editta una cosa straordinaria; ella chiese soltanto: «Perchè mai dovrebbe essere altrimenti?»