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Il secondo fatto è ancora più curioso, e consiste nella strana allucinazione, provata da tutti quelli della vettura, e cioè, che essi non fossero proprio simili ai loro fratelli e sorelle che tiravano la corda, ma fatti di miglior materia ed appartenenti in certo qual modo ad una più alta classe di esseri, ai quali, con diritto, spettava d’essere tirati.

Ciò pare incredibile, ma siccome io stesso viaggiai in quell’omnibus, e provai la stessa allucinazione, dovetti prestarci fede.

Il più strano in questa illusione è che coloro i quali dal suolo salivano sulla vettura, subivano la stessa influenza, prima ancora che scomparissero dalle loro mani i calli prodotti dalla corda. In quelli, i cui genitori ed i nonni erano già stati così felici di procurarsi dei posti sopra la vettura, era completa la persuasione che fra essi e la merce comune esistesse una diversità considerevole. Tale illusione doveva necessariamente trasformare il sentimento fraterno per le sofferenze della moltitudine in una compassione filosofica. Questo è l’unico palliativo ch’io possa dare alla mia indifferenza per le miserie de’ miei fratelli nel tempo di cui scrivo.

Nel 1887 compii trent’anni. Non ero ancora ammogliato, ma fidanzato ad Editta Bartlett. Essa viaggiava come me sull’imperiale della vettura. Cioè, (per non continuare più a lungo una allegoria, che spero avrà ottenuto lo scopo e data al lettore una idea della nostra vita d’allora) la sua famiglia era ricca. In quell’epoca, in cui le comodità e il lusso non si avevano che con denaro, bastava che una ragazza fosse ricca, per avere degli adoratori; ma Editta Bartlett era anche bella e graziosa.

Le mie lettrici mi smentiranno. «Essa sarà stata bella» sento a dire, «ma non graziosa nel costume ch’era di moda allora, poichè la pettinatura era una costruzione vertiginosa alta un piede, e l’abito incredibilmente esteso dietro, mediante un’ingegnosa invenzione, sformava la figura, più di quanto lo avesse mai fatto l’arte dei sarti. Chi poteva esser graziosa con quel vestito?»

Tutto ciò è giustissimo, e non posso rispondere altro che, mentre le Signore del 20.° secolo fanno valere con gentil garbo la grazia femminile con vestimenta adatte, nessuna bruttezza negli abiti poteva far sfigurare completamente le loro bisavole.