due sostegni di ottone per posarlo. Alle precise
due estremità del doppio braccio sorgono due
grossi denti o mensolette d’acciaio, tra le quali
comincia e finisce la verga d’argento, che divide
per mezzo della larghezza del campione
la lunghezza precisa di due bracci. Questa è
divisa in once 24, come divisa parimenti è la
lunghezza delli detti due bracci sul ferro. Sulla
verga poi d’argento nel mezzo della lunghezza
sono segnate dodici once divise in punti ed
atomi, cosicchè si potrà prendere un braccio
per semplice sovraimposizione nel mezzo, due
bracci per immersione fra li due denti d’acciaio.
In questa maniera e l’immersione e la
sovraimposizione, e le linee segnate tanto sul
ferro che sull’argento, e le minute divisioni
impresse su quest’ultimo, ci daranno tutti li
possibili riscontri e confronti, onde avere la
perpetua identica lunghezza del nostro braccio;
e sfrantumandosi per impossibile il campione
stesso, basterebbe che rimanesse intatta un’oncia
od anche un punto solo per poterlo riprodurre
di nuovo. La ruggine naturale al ferro non
doveva formare un’obbiezione, perchè quando
si custodisca e si operi sul campione in un
luogo asciutto, l’acido dell’aria, che scioglie
naturalmente la superficie del ferro, agisce uniformemente
e vi forma una vernice nera naturale,
colla quale poi si conserva per immenso
spazio di tempo; e non riesce ingrata all’occhio, circondando l’argento che vi prenderà
maggiore risalto. Le linee tirate sul ferro sono
state fatte abbastanza profonde perchè il tempo
non le cancelli, e l’argento che non diviene