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416 | DEL DISORDINE E DE’ RIMEDII |
cose, e allora sarà bene regolarci con essi, non perchè sieno limitrofi, ma perchè andando essi per la strada vera dobbiamo esser loro del pari: o i limitrofi s’allontanano da questa strada, e allora in vece di unirci con essi, il che sarebbe un volere discapitare nell’associazione, regolandoci anzi secondo la verità, verremmo a cavar profitto dagli errori da essi fatti.
V’è chi dice: essendo piccolo paese il nostro, non è possibile fissarvi regolamento nè dar legge alle monete. Se questa proposizione s’intendesse nel suo buon senso, sarebbe una vera massima, cioè che non abbiamo noi bastante influenza sull’Europa per mutare la relazione de’ metalli, onde ci conviene ricevere la legge, non darla. Ma chi così parla, forse non ha di mira questo principio. In ogni caso un paese anche piccolo può regolare la legge monetaria in guisa che il valor numerario corrisponda costantemente alla quantità dell’intrinseco, e che costantemente pure conservisi la proporzione da metallo a metallo, il che vuol dire aver ben regolate le monete.
Taluni pensano di aver rinchiuso in un solo aforismo la scienza monetaria, col dire che bisogna che una moneta non compri l’altra. La proposizione contraria è appunto la vera, se la parola comperare significa avere un valore proporzionato; se poi s’intende che comperare significhi aver un valore eccedente intrinseco con eguale numerario, o sia eguale intrinseco con eccedente numerario, allora sarà una proposizione esposta con termini inadequati.
Altri non mancano, i quali vedendo ineseguite