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prolusione 377

possa scostarsi dalle fallaci e fluttuanti regole d’equità particolare, ed aver sempre di fronte, interpretando i casi dubbii ed incerti, la legge interminabile dell’utile, e le norme eterne dell’equità universale, tutte stabilite sulle massime della pubblica economia.

Oltredichè non sarà mai grande ed illustre nella sua scienza colui che si ristringe nei limiti di quella, trascurando le scienze analoghe e confinanti. Una rete immensa lega tutte le verità; ed esse sono più variabili, incerte e confuse, a misura che sono più ristrette e più limitate; più semplici, più grandi e più sicure, quanto si allargano in uno spazio più vasto e si elevano ad un punto di vista più eminente.

Per prova di questa verità basta richiamare alla mente i tempi e i luoghi, dove, tacendo nella anarchia feudale fra lo strepito delle armi sepolte le scienze tutte, la giurisprudenza privata era divenuta la pubblica legislatrice. Impedire la libera interna circolazione delle derrate; incagliare gli affari spediti e veloci del commercio con lente e simmetriche procedure, immaginarsi di rendere opulento uno stato con risecare con stoiche prammatiche le spese dei ricchi particolari, e con ciò inaridire le sorgenti dell’industria, ottondere gli stimoli al travaglio ed ammortire la speranza di una miglior condizione, che è il fuoco vitale d’ogni corpo politico, ridur quasi a monastica disciplina i corpi degli artigiani, stringendoli in fazioni emule e litigiose, che s’impongono tributi, che si prescrivono regole fra di loro, per cui cadevano languenti le arti, che si nutrono di