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o alla rivelazione, perchè non parla di queste. Sarebbe un errore a chi parlando di stato di guerra prima dello stato di società, lo prendesse nel senso Hobbesiano, cioè di nessun dovere e di nessuna obbligazione anteriore, in vece di prenderlo per un fatto, nato dalla corruzione della natura umana e dalla mancanza di una sanzione espressa. Sarebbe un errore l’imputare a delitto ad uno scrittore, che considera le emanazioni del patto sociale, di non ammetterle prima del patto istesso.

La giustizia divina e la giustizia naturale sono per essenza loro immutabili e costanti, perchè la relazione fra due medesimi oggetti è sempre la medesima; ma la giustizia umana, o sia politica, non essendo che una relazione fra l’azione e lo stato vario della società, può variare a misura che diventa necessaria o utile alla società quell’azione, nè ben si discerne se non da chi analizzi i complicati e mutabilissimi rapporti delle civili combinazioni. Sì tosto che questi principii, essenzialmente distinti, vengano confusi, non vi è più speranza di ragionar bene nelle materie pubbliche. Spetta a’ teologi lo stabilire i confini del giusto e dell’ingiusto, per ciò che riguarda l’intrinseca malizia o bontà dell’atto; lo stabilire i rapporti del giusto e dell’ingiusto politico, cioè dell’utile o del danno della società, spetta al pubblicista; nè un oggetto può mai pregiudicare all’altro, poichè ognun vede quanto la virtù puramente politica debba cedere alla immutabile virtù emanata da Dio.

Chiunque, lo ripeto, volesse onorarmi delle