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DEL BECCARIA lvii

ciò nullostante che, oltre di questo, trovasi nelle Ricerche sullo stile una certa oscurità, la quale ne rende malagevole la lettura, del che vuolsi ancora dare accusa al ravvolgimento de’ periodi. L’autore istesso, nel confessare d’avere scritto il suo libro con poca diligenza e con fretta1, ci ha avvertiti di non richiedere in esso quella limpidezza e perspicuità di espressione la quale non si dà alle composizioni se non con cura e tempo. Dallo stesso motivo ha origine quella trascuranza la quale alcuno potrebbe ravvisare nei pochi esempi d’autori celebri citati nel libro dello Stile, i quali, per vero dire, non sono i più adattati a rendere ragione di ciò che intendeva l’autore. Quando il Beccaria stava per pubblicare le Ricerche sullo stile, disse più volte al suo fratello Annibale, di temere che questo libro non avesse buona accoglienza, e che fosse trascurato; ma che se fosse avvenuto il contrario, sarebbe ciò stata una prova che la nazione avesse fatto progressi nell’arte del ben pensare, del che egli nulla meno disperava2. Il N. A. che era tanto sublime pensatore, e che nel meditare e nello scrivere avea dovuto necessariamente scorgere i vincoli che univano le idee da lui espresse, potea credere di leggieri che anche ogni lettore assennato fosse in obbligo di vederli senza fatica. Ma ciò non avviene a

  1. Ricerche sullo Stile, edizione originale (Milano, 1770) pag. 10.
  2. Custodi, Vite dei 60 illustri Italiani, § 13 dello Vita del Beccaria.