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dei pubblici magazzini per provvedere alla pubblica sussistenza (ib.). Discorrendo dell’annona, stabilì che si dovesse dare a ciascuno la licenza di far pane, ma che però fossero severamente punite le frodi (ib. § 62). Raccomandò la conservazione dei boschi, i quali parve a lui opportuno che siano sottoposti ad un regolamento restrittivo della libertà (ib. § 69). Venendo poi a trattare delle arti, mise in chiaro la fallacia della opinione che sostiene non doversi introdurre le manifatture ne' paesi agricoli (part. III. § 6): condannò le gabelle interne ed i privilegi esclusivi, siccome contrari alla prosperità delle manifatture nazionali (ib. § 10): pose in tutta evidenza l'inutilità ed i danni delle corporazioni delle arti e de’ mestieri (ib. § 15): provò che il lusso diretto al giusto scopo dalle massime economiche anima le arti (ib. § 32), e che al contrario le prammatiche, o siano le leggi sontuarie sono perniciose e contrarie al fine stesso che le medesime si propongono (part. IV. § 35). Veggasi poi un luminoso passo di eloquenza, congiunto colla maggior filosofia e cognizione del cuore dell’uomo e della sua indole, nel paragrafo vigesimosesto della parte terza, ove profondamente dimostra il collegamento che hanno fra loro le arti belle, le meccaniche e le scienze tutte, rispetto all’accrescimento della felicità dello stato.
Tra coloro i quali maggiormente encomiarono gli Elementi del Beccaria, non è da passarsi sotto silenzio il professore Bignami, il quale in una sua prolusione1 studiossi di
- ↑ Sulle Dottrine economiche di Cesare Beccaria,